Capitolo 60
La prima
cosa che vidi fu l’ampia schiena di Leo avvolta in una scura giacca che gli
fasciava strettamente il corpo e le braccia, che teneva incrociate dietro la
schiena. Quando mi sentì entrare, si voltò a guardarmi dalla sua posizione
davanti al caminetto, il volto serio. Si era tolto la fasciatura attorno al
capo e in quel momento potevo chiaramente vedere il segno ancora arrossato che
gli partiva dal sopracciglio e terminava sullo zigomo, rendendolo ancora più
inquietante di quanto non fosse normalmente. Il lungo ciuffo di capelli sulla
nuca era stato pettinato e lisciato con cura all’indietro, la giacca così come
la camicia che sbucava al di sotto, i pantaloni e gli stivali, sembravano nuovi.
Un angolo della mia mente si chiese se si fosse portato dietro il suo coltello
anche in quell’occasione.
«Sei
splendida,» si complimentò aspettando che mi avvicinassi a lui, e di rimando
sorrisi timidamente guardando il segno rosso che gli attraversava l’occhio.
«Ti fa
male?»
Scrollò
le spalle, aggirandomi per potermi studiare con attenzione.
«Non
diventerò cieco per questo, tranquilla.»
Non era
quello che gli avevo chiesto, tuttavia non insistetti oltre, il nervosismo che
mi rodeva lentamente come un piccolo topolino affamato.
«Desdemona.»
Una sua mano si poggiò sulla mia spalla facendomi sussultare. Lo guardai, il
cuore che batteva rapido come quello di un uccellino. Leo sorrise abbassandosi
per baciarmi la fronte. «Sono orgoglioso di te.»
Gli occhi
mi si riempirono di lacrime, tanto che fui costretta a distogliere lo sguardo e
puntarlo sul tappeto per non lasciarle cadere.
«Ti
prego, non esserlo,» gracchiai, la voce rotta, «volevo scappare mentre ero
fuori, voglio ancora scappare, potrei farlo in qualsiasi momento questa sera.
Ho così paura di deluderti di nuovo.»
«Piccola,
guardami.»
Tirai su
col naso sollevando cautamente le ciglia per guardarlo, lui continuava a
sorridermi, sereno.
«Volevi
scappare, ma non l’hai fatto,» puntualizzò risoluto arricciando un dito sotto
al mio mento per farmi gentilmente sollevare il capo. «Hai avuto il coraggio di
entrare sapendo cosa ti aspetta da adesso in poi. Sono orgoglioso di te,
Desdemona, non importa cosa succederà stasera. Anche se può non sembrarlo,
varcando quella soglia hai fatto un grosso passo avanti e non hai idea di
quanto questo mi renda felice.»
Inspirai
bruscamente, mi aggrappai alla sua mano, schiudendo le labbra meravigliata.
«Davvero?»
Le sue
labbra scesero sulle mie, sfiorandole in un bacio fugace.
«Davvero,»
dichiarò a un soffio dal mio volto.
Chiusi
gli occhi, eravamo così vicini e l’odore di Leo mi entrò fin nei polmoni, ebbi
un attimo di agitazione seguito da uno stato di rilassatezza, serrai la presa attorno
al suo polso, sentendo il bisogno di confermare alla mia mente che lui era
davvero lì, che non sarebbe andato da nessuna parte, che quella sera tutto
sarebbe andato bene, perché Leo aveva tutto sotto controllo, avrei solo dovuto
obbedirgli. Riaprii gli occhi, trovando i suoi ad attendermi.
«Pronta,»
pigolai flebilmente, sembravo tutt’altro che pronta ma, alla fine, niente
avrebbe mai potuto prepararmi a ciò che stava per succedere.
Leo
annuì, allontanandosi da me.
«Ho una
cosa per te,» mi informò infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni ed
estraendone quello che a prima vista mi parve uno spesso nastro nero. Il
sorriso di Leo si storse in modo perfido mentre tornava ad avvicinarsi per
mostrarmi meglio cos’aveva tra le mani. Era davvero solo una larga e spessa
striscia di tessuto nero, che andava poi assottigliandosi ai lati fino a
diventare un sottile nastro.
«Dammi
una mano,» chiese allungando la sua e io gliela porsi senza esitazione.
Sorridendo
maliziosamente, Leo guidò le mie dita proprio al punto centrale di quel
cordoncino di tessuto, che però tastarono qualcosa di rigido. Lo percorsi
delicatamente per capire di cosa si trattasse e mi si mozzò il fiato quando
capii che tra quei due lembi di stoffa cuciti insieme, era stata fatta inserire
una L nascosta.
«Non
puoi vederla, nessuno può,» mi spiegò Leo premendosi il tessuto sul palmo della
mano per dimostrarmi che dall’esterno la sagoma della lettera era quasi
totalmente invisibile, indistinguibile da una delle altre pieghe della stoffa,
«ma potrai sentirla,» continuò abbassando di poco il tono della voce. «Dopo che
ti avrò stretto questo attorno al collo, la sentirai premere contro la tua
piccola e sensibile gola per tutto il tempo.»
Deglutii,
le guance improvvisamente accaldate, il respiro che faticava a entrarmi nei
polmoni, il sorriso di Leo si fece leggermente più marcato.
«Sono
contento che ti piaccia.»
Mi
passai la lingua sulle labbra secche, cercando di calmare il mio povero cuore
che pensavo sarebbe esploso nel petto. Leo sollevò piano il mio collare e io
seguii quei movimenti come ipnotizzata.
Esattamente
come la volta precedente, me lo strinse attorno al collo stando però attento a
non rovinarmi l’acconciatura, le sue mani lavorarono rapide dietro la mia nuca
mentre i suoi occhi chiari non lasciarono nemmeno per un istante il contatto
con i miei. Quando sentii la stretta della stoffa attorno al mio collo,
deglutii assaporando lentamente la sensazione che mi procurava sentirmi di
nuovo costretta a quel modo. A differenza della sera del ballo, però, quella
nuova pressione rendeva tutto ancora più magnifico.
Leo
controllò minuziosamente il tessuto per assicurarsi che fosse messo nella
posizione corretta o che non stringesse troppo, poi, fece qualche passo indietro
per osservarmi.
«Ora,
sei perfetta.»
Arrossii
e sorrisi grata di quel complimento, sollevai una mano per carezzarmi il collo,
la stoffa ne copriva solo una parte facendolo sembrare un semplice collarino
abbinato all’abito, ma solo noi conoscevamo il suo segreto.
«Vogliamo
andare?» chiese, porgendomi un braccio per scortarmi fuori. Inspirai un’ultima
volta e avanzai di un passo, afferrandolo saldamente e lasciando che mi
scortasse fuori dalla biblioteca.
Arrivati
davanti alla porta della sala da pranzo, trovammo mio padre in piedi ad
attenderci, anche lui indossava abiti che sembravano appena usciti da una
sartoria e i suoi capelli erano perfettamente acconciati.
«Desdemona,
sei incantevole,» mormorò papà guardandomi, i suoi occhi si soffermarono un istante
di troppo sul mio collare per poi spostarsi lentamente sul fratello.
«Ricordami
che devo ucciderti.»
«Papà,
anche tu sei molto elegante,» esclamai, cercando di condurre la conversazione
verso argomenti meno violenti, Leo grugnì accanto a me.
«A me
però i complimenti non li hai fatti.»
Mi
voltai a guardarlo, sorpresa di quelle parole inaspettate ma ancor di più di
quel suo tono lamentoso, ma quando incontrai i suoi occhi allegri e il suo
sorriso sornione, capii che si stava prendendo gioco di me.
«Questo
perché per me sei terribilmente affascinante, sempre e comunque,» risposi dunque, cercando di stare al suo gioco,
lui ghignò apparentemente soddisfatto e mio padre davanti a noi emise un
flebile gemito di dolore.
«Vi
prego, perfino io riesco a capire che questo non è il momento più adatto per
amoreggiare.»
Leo
scoccò un’occhiata indignata a papà, poi, con una lentezza palesemente
calcolata a farlo innervosire, sfilò la mia mano da sotto il suo braccio e,
dopo avermi baciato per un lungo minuto il palmo, lasciò che fosse mio padre ad
accompagnarmi.
«Un
giorno, ripeteremo questa stessa scena, ma a ruoli inversi,» sentenziò Leo,
improvvisamente serio, senza staccare gli occhi da quelli del fratello, i due
si studiarono in silenzio per diversi istanti e io impiegai lo stesso lasso di
tempo per capire cos’avesse voluto dire con quella frase ma, quando finalmente
realizzai, annaspai in cerca d’aria, quasi sul punto di svenire.
Leo
voleva sposarmi? Era questo che intendeva? Mi si riempirono gli occhi di
lacrime di gioia per la sola idea.
«Di
nuovo,» ripeté lentamente mio padre, trattenendomi per un braccio per impedirmi
di cadere e allo stesso tempo per evitare che mi lanciassi tra le braccia di
Leo in un impeto di eccessiva felicità, «non mi sembra questo il momento per
fare simili dichiarazioni.»
Leo
scrollò le spalle, grugnendo.
«Come ti
pare, volevo solo informarti.»
Papà
fece un gesto stizzito con la bocca ma non commentò oltre, voltandosi in
direzione della porta.
«Andiamo,»
mi incitò avviandosi, «alcuni ospiti sono già dentro.»
Annuii
allungando il passo per stare dietro alle sue lunghe gambe, sentendo dietro di
me la rassicurante camminata di Leo che ci seguiva.
Entrati
nella sala scoprii che ad attenderci c’erano già Andrew e Christopher che,
vedendoci entrare si alzarono dai loro posti rispettivamente ai capi opposti
della tavola.
Dopo che
ci ebbero salutati, mio padre mi fece accomodare al posto accanto ad Andrew,
andando poi a mettersi a capotavola con Christopher di fianco, e Leo fece lo
stesso.
«Allora,»
mormorò Drew dopo essersi riaccomodato e fissando per un breve ma intenso
istante il mio collo, «vi sentite dunque meglio stasera, signorina Fortescue.»
Annuii,
lanciando una rapida occhiata all’altro capo del tavolo dove Christopher stava
chino, fisso sul suo piatto, sembrava molto turbato.
«Magnificamente,»
risposi con un sorriso, Drew ricambiò inclinando piano il capo.
«Lo vedo
e, se posso, siete veramente bellissima stasera.»
Tutti
quei complimenti in così poco tempo rischiavano di farmi svenire sul serio,
distolsi lo sguardo, ringraziandolo con un filo di voce mentre stringevo le
braccia sotto al tavolo per cercare di calmarmi.
«Dove
sono gli altri?» chiese Leo, apparentemente scocciato. «Ho fame.»
Drew
sospirò, sollevando una mano per compiere un largo gesto in direzione del piano
superiore.
«Di
sopra, ancora a prepararsi suppongo.»
Leo
grugnì senza aggiungere altro e mi scoccò un’occhiata intensa.
«Ditemi
piuttosto, Fortescue,» attaccò Drew riappropriandosi dell’attenzione di Leo,
«come sta il vostro occhio? Mi sembra molto migliorato dall’ultima volta.»
Leo
assentì, allungando il braccio per bere un lungo sorso d’acqua.
«Se mi
avesse preso con più forza,» disse in un sussurro, così che solo le persone
vicine potessero udirlo, «probabilmente adesso sarei cieco, Kerr, ma per
fortuna so ancora badare a me stesso, mi resterà solo una bellissima
cicatrice.»
Quelle
parole mi scatenarono un lungo brivido lungo il corpo. Era stato così vicino al
perdere la vista, forse addirittura la vita stessa. Perché, pur sapendolo,
continuavo a rimanere impassibile e ad accettare quella cosa? Ad accettare
tutto quello che mi succedeva attorno? Cosa c’era di sbagliato in me?
«Una
cicatrice sul tuo volto, Fortescue? Accidenti, adesso sì che non avrò speranze
col gentil sesso, voi che ne pensate, Desdemona?»
Sentirmi
interpellata mi strappò dai remoti meandri della mia mente, lo guardai
sbattendo confusamente le palpebre, ricostruendo lentamente nella mia memoria
la conversazione che avevo ascoltato solo superficialmente.
«Cosa-cosa
dovrei pensare?»
Drew
sorrise, indicandomi con un gesto del capo Leo dietro di lui.
«Non
credete che con una cicatrice sul volto vostro zio sarebbe molto più
affascinante?»
Leo
ringhiò e, da come guardava Drew, sembrava sul punto di tirargli dietro uno dei
piatti di porcellana finemente decorati in oro.
«Non
puoi chiedere una cosa simile a mia nipote,» sibilò Leo a denti stretti,
sporgendosi sulla sedia per essere più vicino a Drew, il marchese sbatté le
palpebre, spostando lo sguardo da me a lui.
«E
perché no?»
Leo
scrollò le spalle.
«Perché
è ovvio che risponderebbe di sì.»
Andrew
buttò la testa all’indietro e rise così sonoramente da catturare l’attenzione
di mio padre e Christopher dall’altro capo del tavolo, io mi morsi l’interno
della guancia per non piegarmi a mia volta dalle risate.
«Buon
cielo, Fortescue,» esclamò Drew asciugandosi le lacrime, «siete un impunito
bastardo tremendamente divertente.»
Leo
sollevò il suo bicchiere d’acqua brindando silenziosamente in direzione di
Andrew, quasi a volerlo ringraziare, poi bevve un altro sorso.
Proprio
in quel momento, la porta della sala tornò ad aprirsi ed entrarono i gemelli
Jeremy e Martin che rimasero però a tenere aperta la porta, facendo passare la
Baronessa de Ros, che indossava un pomposo vestito rosso ciliegia ed era, come
sempre, ricoperta di diamanti dalla punta delle dita fin sulla cima della
testa. Seguì poi la Duchessa di Cavendish, bellissima ed elegante come consuetudine,
in un semplice vestito color porpora con al collo una collana di perle rosa,
dietro di lei entrò mia madre e io sentii il bisogno di stringere la presa
attorno al mio collo. Quella sera indossava un bellissimo abito blu, con degli
intricati ricami neri di pizzo, sparsi lungo tutta la gonna e sul busto
strettissimo che la faceva apparire… più abbondante di quanto non fosse mai
stata. Tutti gli uomini della sala si alzarono subito all’entrata delle tre
donne, fui l’unica a rimanere seduta, ma in ogni caso non ce l’avrei comunque
fatta ad alzarmi a causa del tremore alle gambe. Gli occhi di mia madre mi
sorvolarono, quasi non esistessi, salutarono educatamente prima mio zio, poi
mio padre quasi fossero buoni amici più che marito e moglie, poi andò a
prendere posto accanto a Christopher, mentre la duchessa invece veniva
accompagnata a sedersi alla destra di Leo, di fronte ad Andrew. La baronessa
venne fatta accomodare accanto a mio padre e, infine, i gemelli presero posto
uno, Martin, accanto alla duchessa e l’altro, Jeremy, accanto a me.
Quando
tutti si furono accomodati, notai due posti vuoti a tavola, e ripensai alla
visita che avevo avuto durante il pranzo e siccome non erano nemmeno stati
apparecchiati, mi voltai corrucciata verso Leo, che mi fissò come a volermi
comunicare qualcosa. Si alzò poi in piedi, sollevando in alto il suo bicchiere.
«Ora che
siamo tutti qui riuniti,» sottolineò quel tutti e io capii che stava parlando
più con me che con il resto della sala, «vorrei ringraziarvi ancora una volta
per essere venuti a farci visita e augurarvi buon appetito.» Bevve quel sorso
d’acqua che gli era rimasto nel bicchiere e si riaccomodò tra gli sguardi
sorpresi dei presenti, evidentemente era la prima volta che si comportava in
quel modo.
Sorrisi
cercando il suo sguardo e annuendo leggermente.
Avevo
capito.
Qualsiasi
cosa avesse in mente, mi fidavo. Se il signor Thornberry non era presente alla
cena, c’era sicuramente un motivo che avrei scoperto quando Leo l’avrebbe
ritenuto opportuno. In quel momento, la servitù entrò con i vassoi fumanti di
cibo e la cena ebbe inizio.
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Sono curiosissima! Conterò i giorni! Il capitolo è stupendo.
RispondiEliminaMi sale l'ansia ahahha spero di non deluderti allora!
EliminaE grazie mille <3