Capitolo 46

 

Quella sua ultima frase mi lasciò perplessa per qualche istante, fissai la donna che continuava a sorridermi cordialmente dall’altra parte del tavolino anche se adesso, con quella strana luce negli occhi, il suo sorriso mi appariva quasi sinistro.

«Come dite?» chiesi, sbattendo le palpebre rapidamente per scacciare via quel senso di confusione che aveva iniziato a pervadermi. Il suo sorriso si fece ancora più pronunciato, mettendo in mostra i candidi denti bianchi.

«Ma sì,» iniziò inclinando leggermente il capo, «dopo che siete scappata via, vostro zio non vi è forse corso dietro per riportarvi a casa?» si poggiò l’indice sulle labbra, riflettendo. «Ora che ci penso, anche quando venni in visita qualche tempo fa successe una cosa simile.» I suoi occhi brillarono ancor più intensamente e il suo sorriso perse ogni parvenza di calore e, in quell'istante, ebbi paura. «Vi piace farvi rincorrere, eh?»

Mi sentii gelare, a quella domanda che suonava più come un’insinuazione. Abbassai gli occhi, stringendo le mani attorno alla mia tazzina quasi vuota.

«Su, non dovete offendervi per le mie parole,» esclamò la donna ridacchiando, «solo che trovo molto singolare la vostra tendenza a darvela a gambe al primo sentore di pericolo.»

In quel momento, mi ricordai che Andrew una volta mi aveva accennato al fatto che alla duchessa piacesse tormentare le persone, ma che sotto sotto avesse un cuore d’oro, quindi cercai di non offendermi né di sentirmi spaventata dal suo atteggiamento, né per il tono e le parole che aveva usato, anche se era riuscita a colpirmi lì dove faceva più male.

«Tutti a modo nostro cresciamo circondati da paure e pericoli,» i suoi occhi continuarono a brillare di quella strana luce mentre parlava, «ma impariamo a conviverci e, in certi casi, anche a soverchiarli.»

«Mi state forse suggerendo di affrontare di petto mia madre così da poterla sopraffare?»

Lei scosse la testa, sempre più divertita.

«No, assolutamente, i problemi con vostra madre sono senza dubbio profondi e segnanti nel vostro animo, vi sto solo consigliando di prendere atto del fatto che la vita è piena di problemi e ostacoli da superare, non risolverete mai niente scappando nella speranza che spariscano da soli.»

Inspirai profondamente, la rabbia che iniziava lentamente a montare davanti a tutte le supposizioni di quella donna.

«Vostra grazia,» iniziai riportando lentamente lo sguardo su di lei, «senza offesa, ma voi non mi conoscete, non mi avete conosciuta durante i miei anni da ragazzina né, per due volte che ci siamo rivolte la parola, mi conoscete adesso. Non potete sapere quali cambiamenti io abbia subito nel corso degli anni e, scusate se ve lo dico, siete anche l’ultima persona al mondo che può permettersi di giudicarmi in tal senso, visto il tipo di persone che vi piace frequentare.»

Mi sarei aspettata di vederla scattare in piedi, sconvolta dalla mia risposta e dal tono rude che avevo usato, invece, notai la strana luce che, fino a un istante prima, le aveva illuminato lo sguardo, spegnersi lentamente e un sorriso ben più caloroso e cordiale del precedente dipingersi sul suo volto.

«Sapete,» esclamò con tono forzatamente allegro, «questo vostro temperamento mi ricorda una persona,» chinò leggermente il capo abbassando lo sguardo, «una persona che mi era estremamente cara.» La voce quasi le morì in gola nel pronunciare quell’ultima parola. Percepii una nota di dolore e tutta la mia furia di poco prima sfumò. Non sapendo cosa dirle, rimasi in silenzio finché non fu lei stessa, sollevando il volto di nuovo sorridente, a rompere quel silenzio doloroso.

«A ogni modo, avete assolutamente ragione, vi chiedo scusa.»

Quel suo strano e repentino cambiamento d'atteggiamento mi confuse parecchio, lasciandomi impressa addosso quella lieve sensazione di paura che avevo provato poco prima e che si calmò solo quando la donna decise che era arrivata l’ora di lasciarmi riposare.

«Se volete,» disse mentre aspettavamo che Stevenson arrivasse per scortarla fuori, «posso ripartire oggi stesso.»

Per un attimo fui molto tentata di accettare la sua offerta, solo per la gioia e il sollievo di sapere mia madre lontana da me, ma non volendo essere troppo scortese, scossi la testa.

«Restate pure per tutto il tempo che desiderate,» conclusi, e lei per tutta risposta mi regalò uno dei suoi meravigliosi e larghi sorrisi.

Quando lasciò la saletta, riflettei sulle sue parole.

Per quanto mi avesse fatto male sentirlo, aveva ragione. Non riuscivo a ricordare un solo momento in cui non fossi scappata, costringendo Leo in un modo o nell’altro a venirmi a cercare o a punirmi per farmi calmare. Era sempre lui a venire da me per costringermi a parlare, nonostante lo ferissi con il mio comportamento immaturo, dimostrandomi quanto realmente ci tenesse.

Io, invece, cos’avevo fatto di concreto per dimostrargli la stessa cosa? Solo una volta ero andata a cercarlo, e solo dopo giorni perché mi sentivo tremendamente in colpa. Ogni altra volta ero semplicemente scappata, incapace di reggere una conversazione o il carico di informazioni sempre più pesanti che mi ero ritrovata a trasportare. Non mi sorprendeva il fatto che Leo non riuscisse a fidarsi totalmente di me, io per prima non potevo fidarmi del mio corpo perché per quanta buona volontà avessi, quando le emozioni prendevano il sopravvento non c’era modo per me di ragionare razionalmente. Inspirai piano, massaggiandomi la gola nuda. Come potevo pretendere di diventare la sua donna perfetta se non riuscivo a controllare quella parte del mio cervello? Come potevo migliorare come essere umano, come potevo smettere di scappare e scavalcare gli ostacoli invece di provare ad aggirarli, se ogni volta che la vita me ne metteva davanti uno, io mi voltavo e correvo invece di ascoltare gli ordini del mio Signore?

Avrei dovuto parlarne con Leo, chiedergli come potevamo superare assieme quel problema, e avrei dovuto farlo al più presto, prima che per colpa della mia impulsività si allontanasse definitivamente da me.

Stevenson venne a prendermi per riportarmi in camera e io accettai con un sorriso grato il suo aiuto quando mi porse la mano per farmi alzare.

«Come vi sentite?» chiese mentre mi accompagnava a braccetto lungo il corridoio e poi su per le scale.

«Mi fa un po’ male la gola e mi sento un po’ debole, per il resto sto benissimo.»

Arrivati in cima alle scale, successe una cosa un po’ strana, dato che ero sicura che sarei dovuta tornare in camera di Leo, continuai a camminare dritto, diretta verso la seconda rampa di scale, Stevenson però girò in direzione della mia stanza. Il movimento mi sbilanciò e colse così alla sprovvista da farmi perdere per un breve istante l’equilibrio; notandolo, l’uomo si bloccò e strinse maggiormente la presa attorno al mio braccio per reggermi affinché non cadessi.

«Perdonatemi,» mormorò quando mi fui stabilizzata sulle gambe, «mi è stato detto di riportarvi nelle vostre stanze.»

A logica, non c’era niente che non andava in quella frase, avevamo la casa che pullulava di ospiti, non potevamo certo rischiare oltre facendomi tornare in camera di Leo, però, il solo fatto che Leo stesso avesse dato ordine che dovevo starmene in camera mia, mi procurò una dolorosissima fitta al petto.

Annuii per comunicare a Stevenson che avevo capito, certa che se avessi aperto bocca, sarei scoppiata in lacrime. Riprendemmo ad avanzare lentamente verso la mia camera ma, poco prima di arrivarci, una voce ben nota mi chiamò dal fondo del corridoio.

«Signorina Fortescue!»

Stevenson accanto a me si irrigidì e io feci lo stesso, voltandomi lentamente per fronteggiare il Marchese Beauclerk, che avanzava rapidamente, tutto impettito.

«Buon pomeriggio, Christopher,» lo salutai chinando lievemente il capo, lui si piazzò davanti a noi con il petto in fuori e, dopo aver lanciato una vaga occhiata in direzione di Stevenson, si rivolse a me.

«Sono venuto a farvi visita,» disse, sollevando il piccolo naso all’insù che adesso senza maschera potevo vedere bene, così come le piccole e scure efelidi marroncine che gli puntellavano leggermente le guance e l’arcata del naso. «Ma non hanno voluto permettermi di incontrarvi oggi.»

Di nuovo, lanciò un’occhiata di traverso a Stevenson che se ne stava rigido e silenzioso accanto a me. Temetti che il maggiordomo gli rispondesse esattamente come aveva fatto durante il ballo e che così facendo rivelasse al marchese il nostro inganno, tuttavia rimase quieto.

«Mi dispiace,» mormorai enfatizzando lievemente il tono roco con cui parlavo, «ma purtroppo non mi sento ancora al meglio e devo dilazionare le visite.»

Lui sollevò un sopracciglio, non sembrava per nulla convinto della mia spiegazione, quindi mi affrettai ad aggiungere qualcosa.

«E poi, desidero così tanto poter chiacchierare lungamente con voi, da volermi riservare questo piacere più avanti, quando la mia gola non farà più così male da impedirmi di conversare solo per qualche ora. Inoltre,» aggiunsi sorridendo, «più tempo rimarrete qui più avrò il piacere della vostra compagnia.»

Quei complimenti sortirono l’effetto desiderato, gonfiò leggermente il petto e sollevò di nuovo il mento, felice di sentirsi lodare tanto.

«Vorrà dire che aspetterò il mio turno, anche se ipotizzo da quel che mi avete detto, sarò l’ultimo.»

«Prima il dovere poi il piacere, no?»

Mi sorrise felice, chinando leggermente il capo.

«Farò in modo che sia un vero piacere allora, se vi aggrada porterò qualche mio altro scritto,» si corrucciò leggermente, «senza quel vostro odioso zio tra i piedi, sicuramente potrete apprezzare meglio la complessità dei miei lavori.»

Nonostante la situazione spinosa, mi morsi il labbro per cercare di non scoppiare a ridere. Stevenson accanto a me emise una sorta di grugnito infastidito, come se anche lui in qualche modo si stesse mordendo la lingua per evitare di rispondergli per le rime.

Il rumore, però, attirò l’attenzione di Christopher sul maggiordomo, questi infatti sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui, studiandolo attentamente.

«Ne sarei lieta!» esclamai, una punta di panico nella voce, sperando di distrarlo dal suo scrutinio di Stevenson. Christopher ci mise un attimo più del dovuto a staccare gli occhi da lui, ma quando tornò a guardarmi non sembrava essersi reso conto di nulla.

«Perfetto, allora vi lascio andare a riposare,» concesse inchinandosi leggermente e scoccando un’ultima occhiata a Stevenson prima di allontanarsi nella direzione da cui era arrivato.

«Credi che abbia capito?» bisbigliai all’uomo accanto a me, osservando il ragazzo sparire dietro una delle porte, Stevenson scrollò le spalle, tornando a voltarsi verso camera mia.

«La maschera che indossavo quella sera copriva sia il volto che i capelli, è impossibile che mi riconosca.»

«Ma gli occhi,» gli sottolineai preoccupata, «la maschera non copriva i tuoi occhi, e lui ti ha guardato dritto in viso entrambe le volte.»

Lui scrollò le spalle, aprendomi la porta per farmi entrare.

«Egocentrico com’è, non se ne sarà nemmeno reso conto. Fidatevi, Contessa, non c’è pericolo.»

Entrai per nulla convinta di quelle sue parole, tuttavia sentendomi chiamare a quel modo, sorrisi. «Un giorno mi racconterai perché tutti in casa mi chiamate così?»

Lui ricambiò il sorriso aiutandomi a sedere sul letto.

«Credo che sia una storia che spetta a Leo.»

Sentirlo nominare mi fece emettere un lieve sospiro triste.

«Ho paura a chiedere,» lo guardai sorridendo mesta, «immagino tu sappia che non sono molto brava a gestire le scoperte di qualsiasi genere esse siano.»

Lui aggrottò la fronte fissandomi con la testa lievemente inclinata.

«Mi pare che questa novità la stiate gestendo piuttosto bene,» disse indicando se stesso e poi la porta, adducendo al resto della casa. «Non so quante altre persone una volta scoperto il segreto di questa famiglia, si sarebbero adattate così velocemente alla notizia. È vero, magari avete dei problemi ad affrontare la cosa sul momento, ma fidatevi se vi dico che non esistono molte persone in grado di venire a patti con l’idea che tutti attorno a loro sono criminali, e questo posso garantirvelo per esperienza personale.»

Avrei voluto capire meglio di cosa stesse parlando, ma lui si scostò da me con un inchino e si congedò informandomi che avrebbe mandato su le cameriere per aiutarmi a cambiarmi, poi uscì lasciandomi sola in camera.

Sospirai, abbandonandomi di peso sul materasso e allargando le braccia, avevo così bisogno di vedere Leo, di parlargli con calma di tutte quelle cose, di tutti quei pensieri che mi affollavano la mente, eppure una parte di me fremeva per riuscire a trovare da sola le risposte che tanto desideravo, solo per poter poi mostrare al mio Signore i risultati del mio lungo esame di coscienza, per poterlo rendere orgoglioso di essere riuscita a fare quell’importante passo avanti da sola. Ma proprio perché era un passo avanti così essenziale per me, proprio perché sapevo che era lui il fattore chiave che muoveva tutti gli ingranaggi, non potevo smuovermi dal mio blocco senza che lui fosse lì con me a indicarmi la via. Perché sapevo bene che se non ci fosse stato Leo al mio fianco, niente mi avrebbe impedito di scappare ancora e ancora, solo la sua solida presenza accanto a me mi aveva conferito il coraggio necessario per iniziare quel lento e doloroso percorso di miglioramento e, magari, guarigione.

Anche se sapevo bene che alcuni traumi del mio passato erano troppo radicati in me, troppo legati strettamente al mio stesso essere per poterli rimuovere, ero convinta che con impegno e dedizione, ma soprattutto con l’amore che provavo per Leo, sarei riuscita a concentrarmi su di lui in qualsiasi momento, sarei riuscita ad andare dritto nella direzione che mi indicava, anche quando la tempesta dei miei sentimenti avrebbe cercato di trascinarmi lontana da lui.

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Commenti

  1. Chissà cosa passava per la mente della duchessa e chissà chi sia davvero il marchese e chissà se è un bene che Desdemona si affidi a Leo senza condizioni (lui mi perdona se ho un piccolo dubbio, vero? Lo sa che lo amo a prescindere 😂😂)? Il fatto che la chiamino "contessa" continua a farmi interrogare sulla sua origine.
    I misteri aumentano, così come la mia curiosità.
    Un capitolo fantastico!

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    Risposte
    1. Leo capisce ahahaha Leo ha i tuoi stessi dubbi secondo me ahahaha tipo pensa "ma seria? Ma è SERIAMENTE SERIA? Ok, gente non è un esercitazione: fai il fico, duro e stoico, ma soprattutto NIENTE PANICOH" 😂😂
      Spero che quando arriveremo alla fine di questa storia, le risposte che troverai ti soddisferanno 😥💟

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