Capitolo 40

 


“Mi dispiace, ma probabilmente queste

saranno le ultime parole che sentirai da me, almeno per un po’.

Affari urgenti mi obbligano ancora una volta a partire,

ma non temere, tornerò presto da te.”

 

“Ti aspetterò, anche se dovessero passare anni e anni,

 io sarò sempre qui in attesa di tue notizie.”

 

 

Spostai il mio sguardo su Andrew, che cercò di sorridermi per rincuorarmi.

«Vogliamo avvicinarci anche noi?» chiese porgendomi il braccio per scortarmi, mi accigliai sotto la maschera.

«Dite che sia il caso?» chiesi, preoccupata di poter in qualche modo venire meno alla promessa fatta a Leo, lui scosse la testa, gli occhi immensamente tristi.

«Temo che non abbiamo altra scelta.»

Quel suo criptico commento mi riempì di paura, ma anche di una nuova ondata di curiosità. Afferrai dunque il suo avambraccio e mi lasciai scortare verso la folla, troppo occupata a osservare ciò che stava succedendo nell’atrio per accorgersi di noi in un primo momento, quando però fummo abbastanza vicini, gli invitati iniziarono a farsi lentamente da parte per consentirci il passaggio. Arrivato sulla soglia della sala, Andrew si fermò.

«Forse è meglio se aspettate qui,» mi consigliò e io annuii, lasciandolo andare e accostandomi di più sotto la cornice della larga porta aperta.

Il marchese si congedò da me con un inchino e continuò a fendere la folla diretto nell’atrio. Non c’erano molte persone davanti a me, quindi se mi alzavo sulla punta dei piedi e sporgevo abbastanza il collo, riuscivo a scorgere ciò che stava accadendo.

Nell’androne, circondato dalla servitù di Andrew capeggiata da Mikhail, c’era un uomo sconosciuto, visibilmente stravolto e annebbiato dall’alcool, che sicuramente aveva tracannato in abbondanza prima di arrivare alla festa. Aveva i vestiti logori e sporchi, la camicia solo per metà infilata nei calzoni, gli occhi iniettati di sangue si guardavano freneticamente attorno, come se si aspettasse da un momento all’altro un colpo a tradimento. Barba e capelli erano incolti e unti. Sicuramente se mi fossi avvicinata di più avrei anche sentito il tanfo che emanava.

L’uomo, quando vide arrivare Andrew, gli puntò contro un grosso e lurido dito.

«Tu,» sibilò con voce distorta e dolorante, «come osi mettere su una tale sceneggiata, un tale disonore in casa mia

Per l’impeto con cui pronunciò quelle parole, iniziò anche a sputare, e mi sentii rabbrividire dal disgusto. Andrew, invece, rimase impassibile, le braccia strette lungo i fianchi.

«Questa non è più casa tua da molto tempo, fratello.»

Dunque era quello l’uomo che l’aveva spinto a lasciare la sua stessa casa. Lo osservai attentamente, ma in lui non vidi niente che potesse ricordarmi Drew, niente che potesse farmi ipotizzare il loro legame di sangue.

«Questa sarà sempre casa mia!» sbraitò l’altro cercando di avvicinarsi, ma venendo bloccato da Mikhail che, prontamente, si parò tra lui e il suo padrone, impedendogli di raggiungerlo. L’uomo, parve genuinamente sorpreso, come se non si aspettasse la mossa del maggiordomo, e sbatté le palpebre confuso un paio di volte, bloccandosi nuovamente.

«No, Brian,» iniziò calmo Andrew, «niente della fortuna dei Kerr ti appartiene, non più.»

L’uomo, Brian, si batté violentemente un pugno sul petto.

«Io sono il figlio maggiore!»

Andrew si gonfiò, letteralmente, raddrizzò le spalle e inspirò profondamente, dando così l’impressione di essere ancora più grosso di quanto già non fosse.

«Nostro padre ti ha disconosciuto e diseredato anni fa, Brian,» tuonò risoluto.

Sicuramente se avessi potuto vederlo in faccia in quel momento, avrei intravisto lampi d’odio saettargli nello sguardo.

«Tu sei stato fonte di disonore per lui fino al giorno della sua morte. Ora sono io il marchese, così come lui ha voluto e come ha lasciato scritto nel testamento.»

«Quel testamento non è valido!» protestò con forza Brian avvicinandosi verso il fratello.

«Tu hai irretito nostro padre, l’hai convinto con l’inganno a diseredarmi e a nominare te unico erede, e quel povero vecchio stupido si è lasciato sedurre dalle tue belle parole.» Rise amaramente, una profonda risata tenebrosa, senza mai interrompere il contatto visivo con Andrew. «Ma lui non sapeva…» scosse la testa, sempre più divertito, «oh, non sapeva le cose che so io, caro fratellino

Sentii alcuni mormorii delle persone accanto a me, tutte altrettanto curiose e attente come me, tutte ansiose di scoprire di più su quella storia.

Notai la mano di Andrew serrarsi a pugno. «Tu non sai niente, fratello, sei solo ubriaco perso. Tornatene a casa e smettila di rovinarci la festa.»

Nello stesso istante, Mikhail si mosse in avanti, per afferrare il braccio dell’uomo, Brian gli scoccò un’occhiataccia e poi spostò lo sguardo verso di noi.

Per un inquietante istante i suoi occhi incontrarono i miei e vidi tutto l’odio e il rancore che provava, tutta la tristezza e la disperazione.

«Perché non mi lasci parlare, fratello? Hai paura che possa rivelare il tuo piccolo segretuccio?»

Toccò a Andrew avanzare di un passo, puntando il dito contro il petto del fratello.

«Non ho alcuna intenzione di continuare oltre questa conversazione, ti stai solo rendendo ridicolo ed è evidente che sei così disperato e ubriaco da cercare, con la tua maligna mente, un qualsiasi modo per distruggermi.»

Brian rise, scuotendo debolmente la testa. «Se avessi voluto davvero distruggerti, ti avrei lasciato chiuso in quel baule per molto più tempo.»

In quell’istante Mikhail scattò, chiuse la mano a pugno e rapido come una vipera, scagliò un gancio destro dritto in faccia a Brian, il colpo fu così forte da scaraventare l’uomo a terra, dove iniziò a uggiolare per il dolore mentre copiosi fiotti di sangue gli uscivano dal naso.

«Accompagnatelo fuori,» sibilò Andrew, la voce gelida. «Rimettetelo sul suo cavallo e rispeditelo a casa sua, non intendo sprecare un solo istante di più con quest’uomo.»

La servitù si affrettò a obbedire mettendosi subito in movimento per scortare l’intruso fuori dalla porta. Per tutto il tempo il marchese rimase immobile, osservò attentamente il fratello che veniva trascinato via mentre delle cameriere si affrettavano ad arrivare con alcuni stracci, per ripulire il sangue rimasto a terra.

Quando il portone si fu chiuso alle spalle dei lacchè e dell’indesiderato ospite ancora gemente per il dolore, solo in quel momento, Andrew si voltò verso il suo pubblico che fino a quel momento era rimasto per lo più silenziosamente all’ascolto di quella diatriba.

«Signori e signore,» iniziò con un sorriso, che però non raggiungeva gli occhi, «mi scuso immensamente per questo piccolo inconveniente, come molti di voi già sapranno, mio fratello ha sempre avuto dei problemi ad accettare la perdita del titolo nobiliare. Mi rincresce ammettere che non è la prima scenata a cui assisto, sfortunatamente so che non sarà nemmeno l’ultima.»

Mormorii d’assenso si sollevarono tra la folla e, dopo un secondo di silenzio, Andrew batté le mani.

«Dunque, non facciamoci rovinare la serata da quest’intermezzo, vi prego, torniamo in sala e riprendiamo le danze.»

Molti degli invitati rientrarono tra i bisbigli, mentre altri si avvicinarono a Drew sussurrando qualcosa sottovoce, sicuramente per esprimere sostegno in quella situazione o per chiedere più particolari al diretto interessato.

Io rimasi lì, ferma sulla porta, a osservare Andrew sorridere e rispondere a tutti. Cercai poi con lo sguardo Mikhail che, dopo aver assestato quel pugno, si era allontanato in fretta, ma non lo trovai.

«Vogliamo rientrare?»

Sussultai sentendo quella voce così vicina a me, mi voltai di scatto e per un lungo minuto il mio cervello faticò a capire quello che stava vedendo.

Davanti a me c’era… Leo. Solo che non era lui. L’uomo indossava gli stessi abiti, aveva la stessa maschera lupina, ma non era lui.

«Stevenson?» bisbigliai guardando dritto in quegli occhi azzurri, sperando in cuor mio di non essere stata udita da nessun altro. Lui si inchinò e mi porse il braccio.

«Venite con me, Contessa

Anche se non rispose alla domanda, sentendo quel titolo ebbi la conferma dei miei sospetti. Gli afferrai il braccio facendomi scortare di nuovo dall’altra parte della sala. Avrei voluto chiedergli il perché di quella messinscena, perché fingesse di essere Leo, ma sapevo che il maggiordomo stava rischiando moltissimo in quel momento e, più lo facevo parlare più qualcuno poteva accorgersi che non era chi fingeva di essere. Non che comunque per me fosse stato così difficile scoprirlo, anche se sembrava più grosso del normale, forse merito di una giacca imbottita, per assomigliare maggiormente al suo padrone; Leo aveva un’aura completamente diversa, un portamento che non si poteva imitare in nessun modo, almeno ai miei occhi.

Quando raggiungemmo l’angolo opposto della sala, la musica era già ricominciata e molte coppie si erano di nuovo messe a ballare felici e spensierate, come se niente fosse successo. Lanciai un’occhiata nervosa a Stevenson e spostai il peso da un piede all’altro, sperando in cuor mio che tutto andasse per il verso giusto e che nessuno si rendesse conto dello scambio.

«Oh, signorina Fortescue!»

Sentii il gelo invadermi quando adocchiai il Marchese Beauclerk farsi strada verso di noi, tra le mani aveva alcuni foglietti dall’aria piuttosto spiegazzata.

«Perdonate, sarei tornato prima, ma a causa della calca di poco fa non sono riuscito a trovarvi.»

Sorrisi, il cuore che batteva a mille. «Non preoccupatevi, anzi, sono sicura che lette adesso, le vostre poesie mi risolleveranno l’animo dopo ciò che è successo.»

Lui, gonfiò di nuovo il petto. «Ne sono certo,» dichiarò, lanciando poi uno sguardo sospettoso a Stevenson, immobile accanto a me.

«E costui sarebbe?»

Prima che il maggiordomo potesse dire qualsiasi cosa, lo anticipai, in preda al panico.

«Mio zio, Leo Fortescue,» poi mi voltai verso Stevenson, «zio, questo è il Marchese Christopher Rolan Beauclerk, prossimo duca di St. Albams.»

Il marchese gli lanciò una lunghissima occhiata.

«Mi avevano detto che vostro zio fosse un uomo terribilmente spaventoso, ma vederlo conciato così fa più ridere che altro.»

«Datemi tempo.» La voce di Stevenson uscì come un ringhio da sotto la maschera e sia io che Christopher sussultammo. Vidi le guance del marchese arrossarsi, poi aprì la bocca, pronto a rispondergli a tono. Temendo che la questione potesse attirare attenzioni indesiderate, mi affrettai a frappormi tra i due.

«Christopher, sono dunque queste le vostre poesie?»

Lui si fermò dal rispondere male a Stevenson e abbassò lo sguardo sui fogli che teneva ancora tra le mani, poi si voltò verso di me raggiante, scegliendo quindi di ignorare il maggiordomo, con mio sommo sollievo.

«Esattamente, vi ho portato quelle che ritengo essere le mie opere migliori,» disse, porgendomi i fogli.

Sorrisi ringraziandolo e iniziai a leggere i versi, sentendo Stevenson farsi impercettibilmente più vicino, sicuramente anche lui preso nella lettura.

In vita mia non avevo letto molte poesie, ma quella sicuramente più che poesia poteva essere catalogata come filastrocca per bambini.

«È… molto bella,» lo lodai, non avendo il cuore né la cattiveria necessaria per dirgli la verità, lui annuì profondamente, regalandomi un meraviglioso sorriso, come se fosse ben conscio di ciò che dicevo. Accanto a me, Stevenson ridacchiò.

Gli occhi verdi di Christopher si spostarono istantaneamente su di lui, fulminandolo con un’occhiata glaciale.

«Avete qualcosa da dire, signor Fortescue?»

Quest’ultimo scrollò le spalle, in un gesto noncurante. «Solo che queste cosiddette poesie potrebbero essere state scritte da un bimbo di cinque anni.»

Il marchese gonfiò le guance, indispettito, e si andò a piazzare davanti a Stevenson, anche con la schiena perfettamente dritta, il maggiordomo lo superava di parecchi centimetri.

«Come osate,» sibilò puntandogli un dito contro, «voi non sapete chi sono io!»

Io iniziai a sudare freddo, temendo che la disputa potesse finire molto male. Stevenson però non sembrava affatto preoccupato, sollevò rapido una mano guantata per afferrare il dito del marchese ancora puntato contro di lui.

«E voi,» rispose il maggiordomo chinandosi per asserragliarlo totalmente con la sua presenza, il muso della maschera che sfiorava leggermente il naso del marchese, «non sapete quello che posso farvi io.»

Il nobile sussultò come se quelle parole l’avessero colpito al pari di uno schiaffo in pieno volto. Strattonò il braccio per liberarsi dalla presa e osservò Stevenson per un lunghissimo istante, poi, si voltò verso di me inchinandosi rapidamente.

«Vogliate scusarmi.» E scappò via, senza nemmeno riprendersi i fogli delle sue poesie.

Lanciai un’occhiata al maggiordomo che era di nuovo calmo al mio fianco.

«Non siete stato un po’ meschino con lui?»

Stevenson scrollò le spalle, senza rispondermi e io guardai sconsolata i fogli, sospirando piano.

«Devo riportargli questi e dovrò anche scusarmi con lui,» mormorai e il maggiordomo allungò subito la mano.

«Dateli pure a me, glieli farò consegnare e mi assicurerò che le vostre scuse siano recapitate.»

Mi accigliai in attimo, dubbiosa; pensavo che sarebbe stato meglio riconsegnargli i fogli e scusarmi di persona, ma forse il marchese non avrebbe gradito rivedermi così presto, magari la sfrontatezza di Stevenson aveva minato anche il nostro rapporto, quindi sconsolata lasciai i fogli all’uomo che li piegò e se li infilò in una tasca del lungo soprabito.

Avrei voluto rimproverarlo per il modo in cui si era comportato ma qualcosa me lo impedì. Un brivido gelido mi scese lungo la spina dorsale e sentii quel freddo penetrarmi nelle ossa. Scoccai un’occhiata alla porta della sala da ballo e il terrore si impossessò di me prepotentemente.

Senza riflettere, feci scattare una mano per raggiungere il polso di Stevenson.

«Quanto ci vuole ancora perché Leo torni?» chiesi, senza riuscire a staccare gli occhi dalla scena che mi si parava di fronte.

«Non saprei,» bisbigliò lui avvicinandosi a me, «perché?»

Deglutii sentendo la pelle sottile del collo strusciare contro la stoffa morbida del collare.

«Ho bisogno di Leo,» mormorai sollevando la mano per sfiorarmi la collana e posando lo sguardo sul maggiordomo, «è appena arrivata mia madre.»


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Commenti

  1. La storia si fa sempre più interessante! Una delle mie ipotesi è che Sam sia la madre di Desdemona 😂😂
    Non vedo l'ora di sapere cosa stia facendo Leo.

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    1. 😏 Interessante ipotesi ❤ Ormai ci siamo... speriamo bene 😖

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