Capitolo 69
Quando finalmente la carrozza imboccò il viale d’accesso alla magione, mi sporsi oltre il corpo di Leo per guardare con attenzione cosa stava succedendo davanti all’entrata.
Sia la
carrozza di Isaac che quella di papà erano già arrivate, e scorgevo i due
discorrere poco lontani. Appoggiati al muro del portone c’erano Jeremy e Martin,
che li osservavano con occhi attenti.
Leo
grugnì, seguendo il mio sguardo e scostandomi gentilmente dal suo grembo, si
affrettò a scendere senza nemmeno aspettare che il cocchiere arrestasse del
tutto la vettura.
Lanciai
uno sguardo a James e Abigail seduti davanti a me e poi, anche io, scesi di
corsa per raggiungerlo.
Alle mie
spalle udii James imprecare e scattare per afferrarmi, nel caso fossi stata
così sbadata da cadere anche in quel frangente. Sorrisi poggiando i piedi a
terra senza nessuna difficoltà e mi allontanai, felice che nonostante tutto,
James fosse ancora così protettivo nei miei confronti, quasi quanto Leo.
«Cionondimeno,»
sentii dire a Isaac quando mi fui avvicinata abbastanza, «resta pur sempre mia
nipote.»
Mi
bloccai al fianco di Leo, subito dietro mio padre, il cuore già schizzato in
gola capendo ero io l’argomento della loro discussione.
«Non
importa,» esclamò papà deciso, «voi non ci siete stato per ventitré anni, non
inizierete a dettar legge adesso.»
«Che
succede?» si fece avanti Leo, ponendo la domanda che in quel momento mi
vorticava nella mente.
Papà si
voltò a guardarci, poi indicò con un gesto seccato del capo l’uomo che aveva
davanti. «Vuole mettere bocca sul futuro di Desdemona.»
Leo
gonfiò il petto, avanzando di un passo e mettendosi accanto al fratello.
«E come
osa?» ringhiò, l’intero corpo teso, pronto a scattare in avanti. Mi mossi
spaventata, afferrandolo per un polso e aggrappandomi a lui. Isaac mi guardò
per un lungo istante, fissò le mie dita strette attorno alla carne di Leo, poi
sollevò gli occhi sul mio volto.
«È vero,
non ci sono stato, non mi sono mai fatto né vedere né sentire, perché questo
era ciò che volevo,» iniziò calmo, le lunghe braccia infilate nelle tasche del
completo nero, «ma ciò non significa che fossi totalmente all’oscuro di quel
che succedeva in casa, di come Desdemona stesse crescendo.»
«Ancora
peggio!» esclamò adirato papà.
«Sapevate
cosa le faceva vostra figlia e, tuttavia, siete rimasto in disparte? Le avete
permesso di continuare a maltrattarla? E se noi non vi avessimo chiamato,
l’avreste lasciata agire indisturbata fino alla fine dei suoi giorni?» Leo ribolliva
di rabbia, lo sentivo fremere e scalpitare dal bisogno di sbattere quell’uomo
al suolo e riempirlo di calci. Isaac però non sembrava preoccuparsene e sollevò
le spalle, con noncuranza.
«Volevo
vedere di che pasta fosse fatta.» Mi guardò, sorridendo. «Non volevo trovarmi
ad avere a che fare con un’altra Mary.»
Papà si
tese e sapevo, sapevo che entrambi gli
uomini della mia vita erano a un passo dal saltargli alla gola, incuranti di
ciò che quell’uomo poteva ancora farci. Avanzai di un passo, mettendomi tra
loro e lui, senza mai staccare gli occhi da quelli del giudice.
«Signore,»
esclamai cercando di mettere enfasi in ogni parola, «apprezzo molto il fatto
che vogliate recuperare il tempo
perduto e sarò molto felice di ascoltare qualsiasi consiglio voi vogliate darmi, ma ricordatevi sempre che prima di
essere vostra nipote, io sono una Fortescue.»
In
quell’istante mi parve che ancora una volta il mondo si fermasse, sospeso, in
attesa di scoprire quale sarebbe stata la reazione dell’uomo. Sperai di avergli
trasmesso con il mio tono, tutto ciò che avrei voluto urlargli in faccia, tutto
l’astio che sentivo ribollirmi dentro al solo pensiero che in definitiva, era
stato lui il fautore delle sventure di tutti noi. Isaac ghignò, un ampio
sorriso che gli illuminò il volto magro.
«Decisamente
non sei Mary,» mormorò con un sospiro quasi di sollievo, poi chinò il capo,
inchinandosi lievemente davanti a me. «Allora questo povero vecchio nonno sarà
molto felice di consigliarti in
futuro,» esclamò poi, guardò i due uomini che avevo alle spalle, tornando
serio. «Immagino che per me sia giunto il momento di tornare a Londra.»
Leo
dietro di me grugnì e Isaac annuì secco, inchinandosi poi di nuovo verso di me.
«Allora
a presto, nipote,» si congedò, dirigendosi verso la carrozza senza degnare gli
altri di uno sguardo o commento.
Rimanemmo
tutti immobili, aspettando di vedere la carrozza allontanarsi lungo il viale e,
quando ne uscì, udii vari sospiri di sollievo levarsi intorno a me.
Mi
voltai e scoprii con un tuffo al cuore che oltre a papà e Leo, si erano
avvicinati anche i gemelli e James.
«Come ho
già detto,» esclamò Jeremy maliziosamente, sollevando un angolo della bocca,
«mi piacete davvero un sacco, principessa.»
Leo si
voltò per poterlo fulminare con lo sguardo.
«Perché
voi due siete ancora qui? Il caso è risolto, non ci servite più.»
Martin
si portò una mano sul petto, mimando una faccia sconvolta.
«Noi
abbiamo salvato la tua donna ed è così che ci ringrazi? Buttandoci fuori di
casa?»
I due
fratelli scossero la testa quasi simultaneamente.
«Che
scortesia,» dichiarò Jeremy, e Leo ringhiò, frustrato, afferrandomi per un
polso e trascinandomi verso l’entrata, superandoli.
Passando
accanto a Jeremy, lui mi sorrise, un piccolo sorriso complice e mi strizzò
l’occhio. Risi piano, mentre venivo portata via, quei due avevano senza dubbio
degli strani modi di comportarsi, per qualche motivo si divertivano a mettere a
disagio, quasi a terrorizzare le persone, ma ormai sapevo che dietro quella
facciata, celavano un cuore buono.
«Non
assecondarli per favore,» mi rimproverò Leo mentre varcavamo le porte di casa,
«sennò non se ne andranno mai.»
«Ma
magari…» urlò Jeremy in lontananza, facendo capire che lo aveva sentito
perfettamente, «lei non vuole che ce
ne andiamo.»
Martin
rise e Leo si voltò di scatto, rischiando di farmi andare a sbattere contro di
lui.
«Voi ve
ne andate entro domattina o ci penserà James a buttarvi fuori.»
Feci
appena in tempo a vedere l’espressione soddisfatta sul volto del maggiordomo e
quella divertita dei gemelli, prima che Leo mi spingesse dentro, chiudendo
tutti gli altri fuori.
«Leo,»
lo chiamai allungando il passo per raggiungerlo, «non essere cattivo con loro,
sono persone buone… sotto sotto.»
Leo
ringhiò e con un gesto rapido, mi sollevò afferrandomi per il sedere e schiacciandomi
contro il legno della porta.
«Sì?»
chiese furioso. «Ti piacciono tanto? Vuoi che restino qui così da poterti
divertire con loro?»
Sbattei
le palpebre, un sorriso che mi si formava lieve sulle labbra.
«Sei
geloso?»
Lui
sbuffò, appoggiando la fronte contro la mia.
«Di
tutto e tutti,» esclamò esasperato. «Non mi piace sapere che quello sta in casa
e ti guarda come ti guardo io. Non voglio sapere che ti gira intorno, sono
geloso dei vestiti che indossi, figuriamoci di un altro uomo.»
Gli
circondai il collo con le braccia, baciandogli teneramente la punta del naso.
«Ma io
amo te,» esclamai spingendomi di più verso di lui. «Nessun altro uomo potrà mai
reggere il confronto. Una volta mi dicesti che io ero una parte di te, ero
l’unica cosa che ti faceva continuare a vivere.» La sua stretta attorno al mio
corpo si intensificò. «Per me è la stessa cosa,» dichiarai con decisione. «Tu
sei l’unico motivo per cui adesso sono qua, sei il sangue che mi scorre nelle
vene, l’energia che mi fa muovere.» Spinsi delicatamente con la fronte per
farlo staccare, così che potessimo guardarci negli occhi.
«Nei
miei occhi, nella mia mente e nel mio cuore, ci sei solo tu.»
Mi baciò
teneramente, senza fretta, esplorando con calma la mia bocca. Mugolai felice
stringendomi di più a lui, desiderando che quel bacio non finisse mai.
Dietro
di me, però, avvertii una lieve pressione che mi sospingeva in avanti e,
spaventata, mi staccai dal bacio per capire cosa stesse succedendo.
«Leo!» papà
era dall’altra parte della porta chiusa, cercava di aprirla senza successo e
così aveva preso a picchiare contro il legno. «Cosa le stai facendo contro la
porta? Fammi entrare che ti ammazzo!»
Ridemmo,
allontanandoci da lì per permettere a chi era rimasto fuori di entrare. Papà
varcò la soglia come una furia, giusto in tempo per vedere Leo che mi
riappoggiava delicatamente a terra.
«Ah,»
esclamò Jeremy subito dietro di lui, gli occhi che brillavano maliziosi mentre
mi guardavano le labbra arrossate, «allora vuoi la guerra, Fortescue.»
James e
Abigail scuotevano mestamente il capo, rassegnati all’idea di non poter avere un
attimo di pace, poi si diressero verso le cucine ma proprio in quell’istante,
mentre papà si apprestava a raggiungerci per – quasi certamente – saltare alla
gola di Leo, la voce chiara di Christopher che chiamava James risuonò potente
dalla cima delle scale, facendoci immobilizzare tutti.
Mi
voltai e lo vidi, dritto, fermo in mezzo alla scalinata, le braccia puntate sui
fianchi stretti, gli occhi ridotti a due fessure assassine, le sue guance erano
arrossate e la bocca lievemente dischiusa e ansante, sembrava quasi che avesse
corso.
«Sai che
ti dico?» esclamò, puntando il dito contro James che era impallidito di colpo.
«Che non m’importa un accidente di quello che pensi tu.»
Aggrottai
la fronte, guardando Leo che però sembrava avere anche lui difficoltà a capire
cosa stesse succedendo.
«Non mi
arrenderò.» La sua voce gli si incrinò lievemente, scosse il capo per tornare
padrone di sé, i boccoli che ballonzolavano vispi attorno al suo volto. «Ti
costringerò ad amarmi, James, vedrai!» e così dicendo, si voltò verso di me.
«Di nuovo, accetto con molto piacere il tuo invito a restare qui,» poi tornò a
concentrarsi su James con gli occhi che bruciavano, «per tutto il tempo che voglio,» sottolineò con enfasi. La sua
dichiarazione era stata chiara, sarebbe rimasto, nonostante ciò che poteva
essere successo tra di loro, Christopher sarebbe rimasto a lottare per il suo
amore.
«Fortescue!»
esclamò Martin avvicinandosi e assestandogli una pacca amichevole sulla spalla.
«In casa vostra non ci si annoia mai.» E sia lui che il fratello scoppiarono a
ridere.
Papà
sospirò rassegnato, sollevando gli occhi al cielo.
«Non hanno
tutti i torti,» mormorò, guardando prima noi, poi Christopher ancora fermo
immobile a fronteggiare James, altrettanto granitico.
«Che
succede qua?» in quel momento, Andrew comparve sulla soglia rimasta aperta
stringendo un mazzo di margherite tra le mani, Mikhail fedelmente al seguito.
«Da dove
cominciamo?» rispose beffardamente Jeremy sghignazzando, poi vista l’occhiata
truce di Leo, scosse il capo spostandosi col fratello per evitare di incorrere
in altre punizioni divine, come tenne ad informarci prima di allontanarsi.
James
con un sospiro sconfitto, si avviò con Abigail in cucina. Christopher mi lanciò
un’occhiata di trionfo, evidentemente soddisfatto di sé, prima di sparire di
nuovo in cima alle scale. Poi Drew mi si avvicinò con un sorriso interrogativo,
non capendo bene cosa stesse succedendo.
«Sono
andato a raccogliere queste,» disse porgendomi il mazzolino di margherite, «per
te.»
Sorrisi
e lo ringraziai abbracciandolo con trasporto. Felice di realizzare che in quel
momento, tutte le persone a cui volevo bene, tutti i miei amici, i miei
famigliari, erano riuniti sotto quel tetto. I problemi si sarebbero risolti,
ogni ostacolo sarebbe stato superato, e l’avremmo fatto insieme.
«Oh no,
un altro contendente?» la voce lagnosa di Jeremy arrivò dal fondo del
corridoio, Leo e papà gli imprecarono contro e io scoppiai a ridere, la piccola
lettera di metallo mi premeva contro la gola.
Era
bello sentirsi finalmente parte di una vera famiglia.
Era
bello essere a casa.
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Leggi dall'inizio
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Grazie mille per avermi accompagnata in questo lungo viaggio periglioso. La storia di Desdemona e Leo è giunta alla conclusione ma spero di poter un giorno tornare a scrivere di loro, magari come comparse in un libro su di un'altra coppia.
Spero davvero che vi sia piaciuto il racconto, che abbiate trovato le risposte a tutte le vostre domande (e, se no, fatemelo sapere in qualsiasi modo preferiate, come commento qui sotto o messaggio su uno dei miei social, purtroppo il mio tempo libero negli ultimi mesi è calato drasticamente ma sarò comunque ben lieta di rispondere a domande o eventuali critiche).
Adesso, non resta che aspettare. Come forse qualcuno di voi sa, tempo fa avevo avviato un progetto per pubblicare questa storia come self dato che purtroppo, non si era riusciti a raggiungere un accordo con la casa editrice. Il bravissimo Zel Carboni è l'artista che attualmente sta lavorando alla creazione di alcune illustrazioni interne e della cover, ma essendo un artista molto bravo e richiesto, il lavoro ha bisogno di un po' di tempo per essere completato. Fidatevi se vi dico che ne varrà assolutamente la pena e che sono onorata che abbia accettato di illustrare la mia storia nonostante non sia il genere che predilige.
Posso dirvi fin da ora che il racconto, vista la sua lunghezza, verrà diviso in due parti, ognuna delle quali avrà sia le illustrazioni di Zel che delle storie extra. Né le illustrazioni né le storie extra saranno pubblicate in altro modo, questo perché voglio che siano un regalo per tutti coloro che vorranno supportarmi.
Grazie ancora per la vostra pazienza, per i mesi trascorsi in compagnia della mia storia, per tutti i commenti meravigliosi che mi hanno aiutata ad andare avanti quando, più di una volta, sono stata sul punto di mollare tutto. Siete stati preziosi e spero di aver allietato un po' i vostri fine settimana così come i vostri commenti hanno rallegrato i miei.
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