Capitolo 57

 

La sua bocca era calda come l’inferno, la sua lingua assaltava la mia senza lasciarmi il tempo di reagire. Mani mi stringevano il volto, denti mordevano, la saliva si mescolava.

Non capivo più niente, non riuscivo a fare niente che non fosse lasciarmi guidare, arrendermi totalmente ancora una volta a lui e godermi i risultati.

«Voglio fare una cosa,» gemette staccandosi da me con uno schiocco, annaspai in cerca d’aria avvinghiandomi alle sue spalle. La presa sul mio volto si sciolse e le sue mani scesero ad appoggiarsi sul mio fondoschiena, spingendolo dolcemente per suggerirmi di alzarmi.

Traballando un po’ e facendo forza contro la parete, riuscii a tirarmi su.

«Vieni con me,» disse alzandosi a sua volta e porgendomi la mano, avrei voluto chinarmi per raccogliere gli occhiali, ma l’impulso di obbedirgli era troppo forte per frenarlo, anche solo per un istante. Gli afferrai la mano e mi lasciai condurre verso la portafinestra che dava sulla terrazza della stanza, Leo l’aprì e uscì fuori, subito lo seguii e, finalmente, per la prima volta da quando vivevo lì, misi piede nell’ampia balconata.

Era uno spazio molto grande, anche se un po’ sterile, le sole decorazioni presenti erano le statue che si affacciavano verso l’esterno per essere ammirate dal basso. Mi dispiacque non vedere nient’altro, e pensai che qualche pianta ci sarebbe stata molto bene, magari anche un tavolino.

Leo mi portò verso la balaustra che dava sul davanti della casa, permettendomi così di ammirare il panorama circostante, osservare quei luoghi dall’alto era splendido, c’erano campi e stradine di campagna che si estendevano per miglia, almeno fino a dove il mio sguardo appannato riusciva ad arrivare.

«Resta qui, non ti muovere,» mi intimò, poi si voltò e ripercorse a grandi passi la strada che avevamo appena fatto, rientrando in camera. Aggrottai la fronte, non capendo cos’avesse in mente, tuttavia feci come mi aveva ordinato e tornai ad ammirare il panorama. Passarono diversi minuti prima che udissi nuovamente i suoi passi riavvicinarsi a me, rimasi però immobile fingendo di non essermi accorta di lui.

Le sue braccia mi avvolsero la vita e sentii il suo corpo premersi contro il mio.

«Mia amata Persefone,» gemette chinato tra i miei capelli, «non potevo più aspettarti.»

Normalmente mi sarei messa a ridere, imbarazzata per quella sua idea, ma la scossa che mi attraversò fece morire sul nascere ogni sentore di divertimento.

«Ma, Ade,» risposi, sperando di aver capito cos’era che aveva in mente il mio Signore, «sarei tornata a casa presto.»

I palmi delle sue mani scivolarono rapidi sul corsetto del mio abito, arrivando a premere contro i miei seni già doloranti.

«Troppo tempo,» grugnì strusciandosi contro la mia schiena. «Guarda come mi hai ridotto, sono perfino salito quassù, sull’Olimpo, tanto era il bisogno di stare con te.»

Le sue mani continuavano a massaggiare il mio seno, strizzandolo tra i palmi, riuscivo a percepire la sua erezione anche attraverso tutti gli strati di stoffa che ci separavano.

«Mi d-dispiace.» Fu l’unica frase coerente che potei formulare in quel momento, stretta tra il suo corpo e il freddo della pietra.

«Non voglio le tue scuse,» ringhiò avvicinando la bocca al mio orecchio, «voglio che ti assumi le tue responsabilità.»

Le sue labbra si chiusero attorno al mio lobo, succhiandolo ferocemente. Mi inarcai, staccando le mani dal parapetto per allungarle dietro di me, in cerca del suo corpo.

«Rimettile giù,» mi ordinò staccandosi da me, abbassando le mani sui miei fianchi. Obbedii, tornando nella posizione iniziale. Le labbra del mio Signore calarono sul mio collo, succhiandolo e mordendolo in maniera quasi dolorosa. Gemetti strizzando gli occhi, desiderosa di rientrare per poter continuare, ma lui evidentemente aveva altri piani, perché dopo che si fu divertito a tormentare la pelle del mio collo, si staccò nuovamente da me, arretrando di un passo.

«Allarga le gambe.»

Spalancai gli occhi, il panico che iniziava a invadermi.

«Ma… qui?»

Una mano calò pesantemente sul mio fondoschiena, facendomi sussultare nonostante i molti strati ad attutire il colpo.

«Fallo,» mi ordinò con durezza, scatenandomi brividi di eccitazione in tutto il corpo. Mossi cautamente i piedi, allargando leggermente le gambe.

Dietro di me, sentii il mio Signore grugnire, poi le sue mani afferrarono i lembi della mia gonna strattonandola per sollevarla e scoprendo così in parte il mio fondoschiena.

«Non ti muovere,» disse, poi le sue mani si strinsero attorno alla stoffa della mia biancheria, lacerandola brutalmente. Mi guardai attorno, spaventata che stesse succedendo davvero quella cosa all’aperto. Chiunque poteva uscire di casa e sollevare gli occhi verso di noi. Potevamo essere scoperti in qualsiasi momento.

In quell’istante, un lungo e ruvido dito entrò rudemente dentro di me, facendomi sussultare nuovamente e stringere attorno a quell’intruso inaspettato.

«Quanto sei bagnata,» lo sentii gemere mentre si avvicinava per potermi sussurrare nell’orecchio. «Ti piace stare all’aperto.»

Il suo dito si mosse velocemente, massaggiandomi e allargandomi. Gemetti muovendo piano il bacino per andargli incontro, senza riuscire a trovare soddisfazione, volevo di più, molto di più.

«Ti piace il pericolo, sapere che qualcuno potrebbe vederci. Vero, piccola pervertita?»

Un altro sculaccione, un altro gemito che mi sfuggì dalle labbra mentre venivo torturata da quel dito malvagio.

«Sì,» mi trovai ad ammettere, sorprendendo in parte anche me stessa.

Dietro di me, il mio Signore mormorò qualcosa che non capii e il suo dito uscì dal mio corpo, strinsi i muscoli, lacerata dal bisogno di non lasciarlo andare, di sentirlo ancora di più dentro di me.

«Ingorda,» gli sentii sussurrare, poi, la punta del suo membro si appoggiò sulla mia apertura e io tremai, estasiata.

«Vuoi davvero che ti scopi qui?» mi domandò perfido, mentre continuava a strusciare la sua erezione tra le mie cosce, proprio sopra la mia femminilità. Mi morsi le labbra per non urlare dalla frustrazione.

«Sì, vi prego, Signore,» lo implorai muovendo freneticamente i fianchi contro di lui per cercare di riuscire a calmare in qualche modo il fuoco che aveva acceso dentro di me. Rise, afferrandomi le natiche e stringendole con forza, mentre con un leggero affondo penetrava dentro di me solo in parte.

«Sei sicura?» chiese palesemente divertito, mentre dondolava il bacino per sfregarmi dentro solo la punta della sua erezione. Rotolai gli occhi all’indietro, delirante.

«Sì!» esclamai cercando di muovermi per farlo affondare maggiormente dentro di me, ma la stretta delle sue mani bloccava ogni mio movimento.

«Scopriti il seno.»

Sbattei le palpebre, confusa, cercai di voltarmi ma una sua mano si staccò dal mio fondoschiena per assestarvi un’altra sonora sculacciata.

«Forza,» mi incitò sfilandosi dal mio corpo e facendomi quasi morire per la frustrazione, «voglio vedere quelle tette alla piena luce del sole.»

Se non fossi già stata tremendamente rossa per l’eccitazione e l’imbarazzo, lo sarei sicuramente diventata dopo quella frase.

Sentii le sue dita slacciarmi rapidamente i lacci del vestito così che io potessi fare come mi aveva ordinato, poi, ributtando giù la gonna, mi afferrò rudemente per una spalla costringendomi a voltarmi verso di lui.

Mi si mozzò il fiato quando lo vidi e mi maledii per non essermi fermata a prendere gli occhiali: la sua erezione svettava rossa e bagnata tra le pieghe dei suoi pantaloni, e il suo volto sembrava stravolto dall’emozione, tanto quanto doveva esserlo il mio.

«Voglio guardarti mentre lo fai,» mi informò puntando gli occhi divenuti scuri sulla mia scollatura. Infilai le dita cautamente all’interno del vestito e sollevai il seno destro, tirandolo fuori dal vestito, dalla bocca del mio Signore sfuggì un basso sibilo d’apprezzamento e, quando ebbi tirato fuori anche l’altro, le sue mani si avvinghiarono su di essi, agguantandoli come frutti maturi.

«Mi stanno a stento tra le mani, Dio,» gemette. Mugolai sempre più eccitata, mentre le sue dita titillavano i miei capezzoli già duri e sensibili, giocavano con la tenera carne del mio seno, strizzandola, colpendola, pizzicandola senza pietà. Strinsi le mani con forza, cercando istintivamente di tenermi aggrappata alla fredda pietra dietro di me, per paura che tutte quelle emozioni potessero trascinarmi via.

«Inginocchiati,» mi ordinò, liberandomi dalla sua presa ferina. Il mio seno era arrossato e sensibile e la mia femminilità bruciava e doleva terribilmente. Avevo bisogno che il mio Signore si prendesse cura di me, ma sapevo che prima avrei dovuto obbedirgli.

Mi chinai quindi avendo cura di non tirare la gonna, poi incrociai le braccia dietro la schiena e rimasi immobile, in attesa.

Le sue mani affondarono nella mia chioma, disfacendo anche quel poco di acconciatura che era rimasta.

«Guardami.»

Sollevai gli occhi dai suoi stivali e annaspai, sorpresa. Aveva stretto le sue mani attorno all’erezione, intente a massaggiarla lentamente mentre i suoi occhi rimanevano puntati su di me, attenti, affamati.

Non aspettai, non riflettei, semplicemente lessi il bisogno nei suoi occhi, lessi il desiderio, e il mio corpo agì d’istinto. Mi chinai in avanti e sporsi la lingua per poterlo assaggiare, percorsi lentamente le vene della sua erezione, le sue mani che si scostavano per lasciarmi spazio. Arrivai sulla punta e vi chiusi attorno le labbra.

Lo sentii imprecare sopra di me e, esitante, provai a scendere di più sulla sua asta, provai a prenderne ancora di più in bocca, mentre con la lingua continuavo a leccarla e carezzarla delicatamente. L’odore della sua carne, il sapore della sua erezione, i suoni che emetteva mi penetravano con forza dentro mandandomi in estasi. Sfortunatamente, l’operazione era più complicata di quanto non avessi immaginato e ben presto fui costretta ad arretrare, scossa da una forte tosse.

«Con calma,» mi istruì lui, carezzandomi piano la nuca, «non c’è bisogno di correre, abbiamo tutto il tempo del mondo.»

Sollevai gli occhi e lo vidi sorridermi comprensivo, nonostante la fame che vedevo divorargli l’animo.

«Non devi fare tutto e subito.»

Annuii, tornando a guardare la sua erezione umida e congestionata, chiedendomi come potergli dare piacere senza utilizzare la mia gola. Un refolo d’aria fresca mi colpì il seno e in quel momento, mi venne un’idea. Mi sollevai un po’ di più sulle ginocchia afferrandomi il seno con le mani, poi attentamente mi avvicinai al suo membro, circondandolo.

«Cazzo!» urlò lui, muovendo di scatto il bacino per strusciarsi tra i miei seni. Eppure non ero ancora soddisfatta e, chinandomi, presi in bocca la cima della sua erezione.

Di nuovo, lo sentii imprecare con più impeto di prima, le dita delle sue mani si artigliarono con forza tra i miei capelli, tenendomi ferma mentre lui si spingeva con urgenza dentro e fuori dalle mie labbra, stretto tra la morbidezza del mio seno.

Dopo una serie di folli affondi, sentii il suo intero corpo irrigidirsi e seppi che era vicino all’orgasmo, intuii che aveva intenzione di allontanarsi ma proprio per quello, strinsi maggiormente la presa attorno alla sua erezione, serrando le labbra attorno a essa, desiderosa di assaporare il suo seme.

Con un ringhio tutt’altro che umano, il mio Signore si riversò dentro la mia bocca, i lunghi fiotti del suo caldo seme mi schizzarono sul palato e sulla lingua. Ingoiai tutto, felice di essere riuscita a dargli piacere.

Quando i tremori che gli attraversavano il corpo furono cessati, e io con l’uso della lingua ebbi ripulito minuziosamente la sua carne assaporando con gusto ogni goccia del suo seme, le sue dita mi scostarono gentilmente i capelli che mi erano scivolati attorno al volto, attirando la mia attenzione. Mi staccai quindi dal suo membro e sollevai gli occhi verso il suo volto adorante.

«Dovrò sdebitarmi,» mormorò ansante e io mi leccai le labbra, sorridendo quando lo sentii gemere, gli occhi fissi sulla mia bocca.

«Non vedo l’ora,» risposi.

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Commenti

  1. Wow! E bravo Leo 😂😂😂
    Ci voleva uno stacco dall'ansia per l'assassino in casa, ma mi domando se li abbia visti 🤔

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    1. Ahahah è Leo il vero pericolo in casa, altro che X°D
      Grazie mille come sempre per i tuoi commenti <3

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