Capitolo 35

 

“Solo perché sono lontano, non pensare di poter disobbedire ai miei ordini.

Solo perché non posso vedere se li esegui o no, non credere che non capisca

se mi stai mentendo. Solo perché non sono lì con te, non significa

che non possa punirti, capisci cosa voglio dire?”

 


“Credo di sì, Signore, che sono completamente nelle vostre mani.”

 

 

Partimmo presto quella mattina. Salutai mio padre e Lucas, e salii in carrozza che il sole non era ancora sorto del tutto. Invano avevo cercato di convincere mio padre a partecipare alla festa, ma lui aveva preferito lasciarmi alle cure di Leo, quindi quel venerdì mattina fummo accompagnati solo da Julie e Stevenson. Avrei portato volentieri anche Abigail con me, ma lei aveva scosso la testa, chiedendo il permesso di rimanere a casa.

Sospirai, osservando la campagna attorno a me acquistare lentamente colore, mano a mano che il sole saliva oltre l’orizzonte, mi soffermai sul bosco quieto in lontananza e ricordai con nostalgia il pomeriggio passatovi in compagnia degli altri, ripromettendo a me stessa che una volta tornati da quel fine settimana fuori porta, avrei chiesto a Leo, a mio padre e Lucas di accompagnarci per un secondo picnic. Con la coda dell’occhio, mi parve di scorgere un’ombra muoversi nel sottobosco e non potei fare a meno di rabbrividire. Chissà se c’erano state altre vittime, se l’assassino aveva colpito ancora… era così bello vivere in campagna lontano dai rumori e dalla frenesia della grande città, ma anche le notizie viaggiavano più lentamente impedendomi di rimanere aggiornata come avrei voluto su quella faccenda; non che comunque credessi che le forze dell’ordine avessero fatto molti passi avanti in merito, ma almeno sarei riuscita a farmi una mia idea sulla faccenda. Per il momento potevo formulare solo sconclusionate ipotesi che si reggevano malamente in piedi sulla base di supposizioni e congetture. Era divertente, ma anche tremendamente frustrante e quel che era peggio, sapevo bene che non avrei mai scoperto la verità.

«Ti vedo pensierosa.»

La voce di Leo mi riportò alla realtà. Mi voltai per guardarlo e sorrisi scuotendo la testa. «Nulla di che, ripensavo alla storia delle ragazze assassinate.»

L’espressione di Leo si rabbuiò e sentii Julie irrigidirsi accanto a me.

«Sono pensieri un po’ troppo cupi da fare di prima mattina, specie se sei in procinto di partecipare a una festa,» constatò lui pacatamente, ma c’era qualcosa nel suo tono di voce che mi fece aggrottare le sopracciglia, dubbiosa.

«Mi è solo tornato in mente perché stavo guardando il bosco,» spiegai con un cenno del capo, «e mi chiedevo semplicemente se ci fossero delle novità.»

Leo strinse convulsamente la mascella, come se l’avessi offeso in qualche modo con le mie parole.

«Non ce ne sono,» dichiarò lapidario, così freddamente che sussultai, sorpresa da quell’inaspettato cambiamento d’umore, e mi ritrassi sul mio posto abbassando lo sguardo.

«Capisco,» sussurrai fiocamente, poi intrecciai le dita sul grembo e non aprii più bocca, né mi azzardai a sollevare lo sguardo.

Il resto del viaggio lo trascorremmo in silenzio e quando arrivammo, nemmeno dieci minuti dopo essere partiti, l’umore generale all’interno della carrozza verteva dall’abbattuto all’arrabbiato.

Non appena la carrozza si fermò e lo sportello venne aperto, tornai a sollevare lo sguardo e incrociai il volto sorridente di Andrew.

«Signorina Fortescue, buongiorno e benarrivata nella mia umile dimora,» proruppe esuberante, porgendomi la mano per aiutarmi a scendere, la accettai timidamente e una volta fuori osservai incantata la facciata della tenuta di Andrew.

Era molto più grande e sontuosa della nostra, di un bianco impeccabile, con grandi finestre su entrambi i piani dell’abitazione e mezzibusti posizionati ad arte sopra ognuna di esse, ci eravamo fermati davanti a una scalinata che passava sotto a sei altissime colonne corinzie che sorreggevano un architrave con sopra un fregio finemente scolpito. Più che entrare dentro una casa si aveva quasi l’impressione di varcare le porte di uno di quei famosi templi greci.

Salutai Andrew con il sorriso più caloroso che riuscii a fare.

«La vostra casa è meravigliosa, Drew,» mi complimentai e lui annuì grato.

«Sarò felice di farvi fare un giro turistico più tardi, subito dopo avervi accompagnato nelle vostre stanze e aver fatto un’abbondante colazione.»

Sorrise gioviale, muovendo le sopracciglia in modo buffo.

«Ci servirà,» concordai, scostandomi per far spazio a Leo e Julie che stavano scendendo dalla carrozza.

Dopo che anche i due uomini si furono salutati, entrammo scortati dal padrone di casa.

«So che il viaggio è stato molto lungo e siete sicuramente stanchi,» disse ridacchiando, «quindi vi faccio accompagnare subito nelle stanze che ho fatto preparare per voi,» mi fissò sorridendo felice, «ovviamente le migliori di tutta la casa.»

Ridacchiai, felice di rivedere Andrew che col suo buonumore riusciva sempre a risollevarmi lo spirito. Leo grugnì e ci superò, salendo lungo la rampa che portava al secondo piano. Il marchese mi guardò per un istante poi sollevò gli occhi al cielo scuotendo la testa e mi porse il braccio, lo accettai sempre ridacchiando e ci affrettammo a seguire Leo su per le scale.

«Dannazione, Fortescue, dove te ne vai?» lo chiamò Andrew dal fondo delle scale, mentre lui era già quasi in cima. «Non hai la più pallida idea di quale sia la tua camera!»

Leo grugnì arrivando in cima alla scalinata e voltandosi per guardarci.

«Se aspetto te, Kerr, facciamo notte con tutti i tuoi convenevoli.»

Andrew sbuffò divertito, io mi morsi la guancia per non scoppiare a ridere. Arrivati accanto a Leo, lui lanciò un’occhiata accigliata al mio braccio stretto attorno a quello di Andrew e anche se non disse niente, il suo intero corpo si irrigidì lievemente.

Il marchese, ignaro di tutto, ci accompagnò verso quella che sarebbe stata la mia camera da letto, una deliziosa stanza color crema con numerosi motivi floreali ripetuti sia sul ricamo variopinto della trapunta bianca, sia incisi in rilievo nei mobili, pensai deliziata che a Lucas quegli intagli sarebbero piaciuti veramente molto.

«Ho scelto personalmente io questa stanza,» annunciò Andrew orgoglioso, scortandomi dentro, «sono del parere che abbia la vista migliore dell’intera casa.»

Guardai fuori dalla finestra e vidi un grande edificio di vetro con al suo interno una miriade di fiori variopinti ma indistinguibili a quella distanza.

«La mia serra,» spiegò orgoglioso lui, indicandomela con un cenno del capo, «proprio sul limitare del bosco. È così bello lavorare lì dentro e, voltandosi, poter scorgere anche ciò che succede nel sottobosco.»

In effetti, proprio dietro la serra c’era un bosco e la cosa mi fece sorgere un dubbio, mi voltai verso Leo, guardando prima lui e poi Andrew con aria interrogativa.

«Ma questo è lo stesso bosco che si vede da casa nostra?»

Leo annuì, ma fu Andrew a rispondermi.

«Sì, invero, se per venire qui lo aveste attraversato a piedi invece di arrivare in carrozza, sareste arrivati in pochissimo tempo, purtroppo percorrendo queste strade di campagna tutte curve e dossi il tragitto si allunga un po’.»

Le due case erano dunque davvero vicine come mi aveva detto mio padre, ma non avrei mai pensato che lo fossero così tanto. Sorrisi a Andrew ringraziandolo per l’informazione.

«E comunque, la vostra serra sembra magnifica anche solo a vederla da qui, sono molto curiosa di scoprire quali fiori sono quelli che scorgo già adesso.»

Gli occhi di Andrew si illuminarono della solita luce esaltata che gli vedevo in volto ogni volta che parlavamo dei suoi fiori, sapevo che stava per iniziare una lunghissima spiegazione appassionata su ogni tipo di fiore visibile dalla mia stanza, ma Leo lo bloccò prima ancora che potesse aprire bocca.

«Kerr, farai conversazione più tardi, ora vorrei vedere la mia stanza.»

Andrew sussultò e guardò Leo sorpreso, come se si fosse dimenticato della sua presenza. Mi lanciò un’occhiata mortificata, dispiaciuto di non potermi descrivere nel dettaglio tutto quello che aveva in mente e si inchinò.

«Signorina, vi lascio ad ambientarvi nella vostra stanza, il vostro bagaglio verrà portato su a breve.»

Lo ringraziai con un sorriso e guardai i due uomini uscire dalla stanza, Leo si voltò brevemente prima di chiudere la porta, e mi lanciò un’occhiata penetrante. Mi immobilizzai sul posto, temendo di muovermi, di produrre anche il più flebile rumore, i suoi occhi severi mi scrutarono attentamente, poi senza dire niente, chiuse la porta. Solo quando udii i suoi passi allontanarsi nel corridoio ripresi a respirare normalmente, rilassandomi.

Non capivo cosa fosse preso a Leo, da quando avevamo avuto quella conversazione in carrozza era strano e, ora che eravamo arrivati a casa di Andrew, lo era ancora di più. Non ero così ingenua da non accorgermi che c’era qualcosa sotto, qualcosa che nessuno mi stava dicendo, ma in base a quello che era successo nei giorni passati, ai segreti che avevo involontariamente scoperto, decisi che quella volta non avrei insistito per sapere di cosa si trattasse; se Leo avesse voluto dirmelo l’avrebbe fatto a suo tempo, esattamente come mi aveva spiegato. Mi fidavo di lui e sapevo che se mi stava nascondendo qualcosa, lo faceva per il mio bene, tuttavia, non potevo impedire alla mia curiosità di riprendere a grattare fastidiosamente, lì occultata nei meandri della mia mente.

Bussarono alla porta e mi riscossi da quei pensieri, andai ad aprire e trovai Julie e Stevenson fermi, con un paio di servitori dietro di loro che trasportavano le mie cose. Mi scostai velocemente per farli passare e una volta che gli uomini se ne furono andati, aiutai Julie a disfare i miei bagagli. Per ultima, tirai fuori la scatolina dentro cui c’era la collana di Leo, la carezzai teneramente con il dorso delle dita, poi la riposi con cura sopra la toletta. Fremendo impaziente che arrivasse il momento in cui, finalmente, Leo me l’avrebbe allacciata al collo.

 

Quella mattinata passò rapida e senza troppi comportamenti insoliti da parte di Leo, facemmo una sostanziosa colazione e poi, raggiante, Andrew ci accompagnò alla sua serra. Entrando venni investita da una zaffata di odori diversi e dolcissimi, e dal caldo soffocante del luogo. Annaspai, meravigliata da quell’improvviso cambiamento climatico e Andrew sorrise gentile.

«Sì, è un po’ sconcertante la prima volta, poi ci si abitua.»

Come ci aveva già annunciato, Leo rimase fuori, ma durante il lunghissimo giro, che occupò quasi tutta la mattinata, in cui Andrew mi scortò lentamente di vaso in vaso descrivendomi ogni pianta, non smisi per un solo istante di sentire i suoi occhi su di me. Mi piacque molto visitare quella serra, fu bello scoprire tante cose sui fiori, sulla loro coltivazione e sul loro significato; il marchese aveva una parlantina così allegra e vivace che non stancava mai, ma che, anzi, riusciva anche a farti appassionare a ciò che stava dicendo. Il suo immenso amore per quei fiori fece nascere in me la voglia di provare ad imitarlo, di piantare magari un piccolo roseto una volta tornata a casa, anche se temevo per l’incolumità di quelle povere piante lasciate alle mie cure inesperte.

«Più tardi, vi mostrerò i giardini!» annunciò eccitato il marchese scortandomi fuori dal vivaio, «vi piacerà, c’è anche un labirinto!» sbattei le palpebre esterrefatta, già arrivando avevo potuto notare l’incredibile cura e la bellezza dei cespugli e dei prati davanti alla casa, perfino le piante acquatiche nella grande fontana davanti al portone d’ingresso sembravano essere state fatte crescere con estrema attenzione. Mi domandai quali altre meraviglie avrei potuto cogliere e, soprattutto, come sarebbe stato il labirinto. Lo ringraziai sorridendo felice e sentii Leo dietro di me grugnire, palesemente annoiato dalla prospettiva di buttare un intero pomeriggio in mezzo a un prato o, peggio, di dovermi venire a cercare dentro il labirinto perché magari mi ero irrimediabilmente persa.

«Andrew, ditemi, dov’è il vostro maggiordomo?» chiesi mentre stavamo tornando verso la villa, sorpresa dal fatto di non averlo ancora visto; sentendolo nominare, Andrew perse un po’ della sua consueta allegria.

«È dovuto partire per urgenti questioni famigliari,» mi spiegò tristemente, «dovrebbe tornare domani sera, giusto in tempo per il ballo.»

Il sorriso mi morì sulle labbra udendo il tono afflitto con cui il marchese pronunciò quelle parole.

«Spero nulla di grave,» dissi, dispiaciuta che gli fosse venuto a mancare un supporto per lui tanto importante in un momento simile. Andrew sorrise mestamente scuotendo la testa.

«Non saprei dire.»

Come sempre, le domande che ponevo per dare soddisfazione alla mia curiosità andavano a toccare tasti dolenti, mi sentii in colpa per aver rovinato il suo buon umore ricordandogli l’assenza di Mikhail.

«Già, il ballo.» La voce di Leo dietro di noi si fece sentire chiara e forte. «Dimmi un po’, Kerr, quanta diavolo di gente hai invitato?»

Andrew inspirò forte dal naso e per un attimo ebbi l’impressione che si stesse rigonfiando di quella positività che io gli avevo inavvertitamente sottratto.

«Oh, beh, Fortescue, un po’ di amici,» rispose il marchese sorridendo, «e amici di amici,» continuò ammiccando verso di me e strappandomi un sorriso. «Esclusi voi, i primi ospiti dovrebbero arrivare tra stasera e domattina, ma ho ricevuto comunicazione anche da parte di persone che arriveranno direttamente per il ballo di domani sera.»

Lo vidi annuire soddisfatto. Quindi, riflettei, a partire da quella sera fino all’indomani, la casa si sarebbe riempita di persone, sentivo montare l’impulso di ritrarmi nelle mie stanze per tutta la durata della festa, ma sapevo che non erano quelli i desideri di Leo, e sotto sotto, non erano nemmeno i miei. Leo sarebbe stato con me, avrei avuto il suo sostegno, niente poteva spaventarmi a tal punto da indurmi a nascondermi in camera e perdere così l’occasione di partecipare all’evento, rischiando poi di offendere Andrew. Inspirai a mia volta, esattamente come avevo visto fare a Drew pochi secondi prima, e cercai di trovare in me il coraggio di affrontare quel fine settimana senza fare troppi danni e magari chissà, cercando pure di divertirmi, nonostante tutto.


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Commenti

  1. Non so perché, ma ho la sensazione che Sam si farà vivo in qualche modo.
    Il capitolo è bellissimo.

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